La c.t.u. nei giudizi di responsabilità sanitaria.

La c.t.u. nei giudizi di responsabilità sanitaria.

Nei giudizi, civili e penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, il giudice ha la necessità del sostegno di uno o più consulenti tecnici che gli forniscano le conoscenze mediche che non possiede e gli permettano di accertare e valutare meglio i fatti di causa, per poi, decidere il caso a lui sottoposto. Possiamo affermare che il consulente tecnico d’ufficio è un ausiliario del giudice che lo affianca ed assiste allo scopo di fornirgli quei principi tecnici scientifici, specifici, specialistici, indispensabili per la decisione, ed ha ed ha sempre avuto un ruolo centrale in quanto la sussistenza, il nesso causale, l’entità del danno alla salute possono essere accertati esclusivamente sotto il profilo medico legale.La normativa di riferimento è prevista dagli articoli 61 e 64 e da 191 a 201 del codice di procedura civile e nei connessi art 13 a 23 e da 83 a 92 delle disposizioni di attuazione dello stesso codice. L’art. 61 del c.p.c. primo comma stabilisce che: quando è necessario, il giudice può farsi assistere, per il compimento di singoli atti o per tutto il processo, da uno o più consulenti di particolare competenza tecnica, il secondo comma dello stesso articolo prevede che la scelta del consulente tecnico e quindi del medico legale, deve essere fatta normalmente tra le persone iscritte in albi speciali formati a norma delle disposizioni di attuazione dello stesso. L’art 62 cpc disciplina l’attività del consulente e il compimento delle indagini che gli sono commesse dal giudice e fornisce, in udienza e in camera di consiglio, i chiarimenti che il giudice gli richiede. Nell’ambito della responsabilità sanitaria è intervenuto il legislatore prima con il c.d. Decreto Balduzzi (D.l. 13.09.2012 n. 158) che all’art. 3 comma 5, prescriveva che nei giudizi avente ad oggetto la responsabilità sanitaria il consulente tecnico venisse scelto tra gli specialisti tenendo conto della disciplina interessata nel procedimento. Tale norma è stata poi abrogata dall’art. 15 primo comma della c.d. legge Gelli- Bianco (L.08.03.2017 n.24) che ha introdotto l’obbligo per il giudice di nominare sempre, nei giudizi di responsabilità sanitaria, un collegio di almeno due consulenti un medico legale ed un medico specialista della materia oggetto del procedimento. La c.d. legge Gelli-Bianco impone regole speciali e precise in relazione sia alla nomina dei consulenti tecnici e periti con l’obbligo della collegialità, sia alla formazione e alla revisione dei relativi albi.

Due sono le principali novità introdotte dall’art. 15 della L. 24/2017:

la prima è la necessità di nominare un collegio di medici nei procedimenti civili e penali aventi ad oggetto casi di responsabilità sanitaria, infatti il primo comma prevede: “Nei procedimenti civili e  nei  procedimenti  penali  aventi  ad oggetto la responsabilita’ sanitaria, l’autorita’ giudiziaria affida l’espletamento della consulenza tecnica e della perizia a  un  medico specializzato in medicina legale e a uno  o  piu’  specialisti  nella disciplina che abbiano  specifica  e  pratica  conoscenza  di  quanto oggetto del procedimento, avendo cura che  i  soggetti  da  nominare, scelti tra gli iscritti negli albi di cui ai commi 2 e 3,  non  siano in posizione di conflitto di interessi nello specifico procedimento o in altri connessi e che i consulenti tecnici  d’ufficio  da  nominare nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 8, comma 1, siano in possesso  di  adeguate  e  comprovate  competenze  nell’ambito  della conciliazione acquisite anche mediante specifici percorsi formativi”. Pertanto il giudice deve nominare, sia uno specialista in medicina legale che uno o più medici specialisti nel caso a lui sottoposto. Quindi il legislatore richiede un elevato grado di professionalità e competenza, in tal modo il procedimento si svolgerà in maniera più rapida senza inutili rallentamenti dovuti ad integrazioni o chiarimenti dei consulenti tecnici d’ufficio ed anche perché la perizia sarà sicuramente un elemento centrale nella decisione finale del magistrato.  Si formerà quindi un collegio medico – legale che consentirà per ogni caso di responsabilità sanitaria, di usufruire delle competenze provenienti dalla medicina legale e di quelle proveniente dalla singola specializzazione pertinente alla fattispecie oggetto del procedimento, gli specialisti nominati dal giudice devono avere una specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento.  La seconda novità è la formazione e la revisione degli albi, infatti l’art. 15, 2° comma stabilisce: “Negli  albi  dei  consulenti  di  cui  all’articolo 13 delle disposizioni per  l’attuazione  del  codice  di  procedura  civile  e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18  dicembre  1941, n. 1368,  e  dei  periti  di  cui  all’articolo  67  delle  norme  di attuazione, di coordinamento e transitorie del  codice  di  procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271,  devono essere indicate e  documentate  le  specializzazioni  degli  iscritti esperti in medicina. In sede di revisione degli  albi  e’  indicata, relativamente a ciascuno degli esperti di cui al periodo precedente, l’esperienza professionale maturata, con particolare  riferimento  al numero e  alla  tipologia  degli  incarichi  conferiti  e  di  quelli revocati”. E’ previsto dal terzo comma dell’art 15 anche un periodico aggiornamento degli albi dei consulenti e dei periti, per lo meno ogni cinque anni : “Gli  albi  dei  consulenti  di  cui   all’articolo   13   delle disposizioni per  l’attuazione  del  codice  di  procedura  civile  e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18  dicembre  1941, n. 1368, e gli albi dei periti di cui all’articolo 67 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del  codice  di  procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271,  devono essere  aggiornati  con  cadenza  almeno  quinquennale,  al  fine  di garantire,  oltre  a  quella  medico-legale,  un’idonea  e   adeguata rappresentanza di esperti delle discipline specialistiche riferite  a tutte le professioni sanitarie, tra i quali scegliere per  la  nomina tenendo conto della disciplina interessata nel procedimento”. L’ultimo comma dell’art. 15 disciplina i compensi da riconoscere al collegio “Nei casi di cui al comma 1, l’incarico e’ conferito al  collegio e,  nella  determinazione  del  compenso  globale,  non  si   applica l’aumento del 40 per cento per ciascuno degli  altri  componenti  del collegio previsto dall’articolo 53 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di  cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115”.  Pertanto, l’Autorità Giudiziaria nell’affidare un incarico di responsabilità sanitaria è tenuta, a nominare dei consulenti scegliendoli negli albi descritti nei commi 2 e 3 dell’art. 15, albi che devono essere aggiornati ogni 5 anni  e che, in sede di revisione, devono indicare l’esperienza professionale maturata dai singoli esperti, con particolare riferimento al numero e alla tipologia degli incarichi conferiti e di quelli revocati, però contestualmente l’art. 22 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile dispone che : “Il giudice istruttore che conferisce un incarico a un consulente iscritto in albo di altro tribunale o a persona non iscritta in alcun albo, deve sentire il presidente e indicare nel provvedimento i motivi della scelta.
Le funzioni di consulente presso la corte d’appello sono normalmente affidate agli iscritti negli albi dei tribunali del distretto. Se l’incarico è conferito ad iscritti in altri albi o a persone non iscritte in alcun albo, deve essere sentito il primo presidente e debbono essere indicati nel provvedimento i motivi della scelta”,
inoltre l’art. 6, comma secondo del cpc nello statuire che, nell’ambito dei procedimenti civili il Giudice nomina un consulente tecnico, prevede testualmente che detto consulente sia scelto “normalmente” tra le persone iscritte negli albi dell’ufficio giudiziario dinanzi al quale si svolge il processo. La Cassazione, proprio facendo leva sull’ avverbio “normalmente”, ha sempre ritenuto che la sua violazione non produce nullità. La scelta del consulente è riservata all’apprezzamento discrezionale del Giudice, il quale può nominare qualunque persona che reputi dotata di competenza specifica in relazione all’oggetto della causa.

In attesa che ciascun Tribunale dia seguito ad una revisione degli albi conformemente ai criteri stabiliti dalla riforma Gelli-Bianco, è stato istituito un protocollo d’intesa tra il Consiglio Superiore della Magistratura, il Consiglio Nazionale Forense e la Fondazione Nazionale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri per l’armonizzazione dei criteri e delle procedure di formazione degli albi dei periti e dei consulenti tecnici. Tale protocollo è di grande importanza per comprendere il ruolo sempre più rilevante svolto dai consulenti e periti.

Per quanto riguarda la speciale competenza il protocollo prevede all’art. 6 secondo comma che non si esaurisce di norma nel mero possesso del titolo di specializzazione, ma si sostanzia nella concreta conoscenza teorica e pratica della disciplina, come può emergere sia dal curriculum formativo e/o scientifico sia dall’esperienza professionale del singolo esperto. Al terzo comma dell’art. 6 il protocollo prevede gli elementi di valutazione della speciale competenza, ulteriori rispetto al titolo di specializzazione, al fine sia di favorire un’adeguata valutazione da parte dei singoli Comitati circondariali sia, prima ancora, di indirizzare ogni esperto nell’allegazione di tutti gli opportuni elementi in sede di compilazione della domanda di iscrizione/riconferma all’albo. Gli elementi di valutazione della speciale competenza, secondo il protocollo sono i seguenti (art. 6 quarto comma): a) nell’esercizio della professione nella rispettiva disciplina per un periodo minimo, successivo al conseguimento del titolo di specializzazione, che, orientativamente, dovrebbe essere non inferiore ai 5 anni; b) nel possesso di un adeguato curriculum formativo post-universitario nella rispettiva disciplina, indicante sia i corsi di livello universitario o assimilato, sia i corsi di aggiornamento rilevanti ai soli fini del circuito ECM, nonché le eventuali attività di docenza; c) nel possesso di un adeguato curriculum professionale, indicante le posizioni ricoperte e le attività svolte nella propria carriera professionale (a titolo esemplificativo: ruoli svolti, datori di lavoro, strutture ove si è prestato servizio, tipi e aree di attività praticate, attività di consulenza professionale svolta presso imprese ecc.); d) nell’eventuale possesso di un curriculum scientifico, indicante attività di ricerca e pubblicazioni, oltre all’iscrizione a società scientifiche; e) nell’eventuale possesso di riconoscimenti accademici o professionali o di altri elementi che possono connotare l’elevata qualificazione del professionista.  Nel caso in cui la specializzazione comprenda lo svolgimento di attività chirurgica, il protocollo raccomanda di considerare, ai fini della valutazione della speciale competenza, l’effettivo svolgimento della stessa, documentato da ogni candidato in modo da far emergere branche e tipi degli interventi sui quali si è maturata esperienza, nonché in modo da offrire al Comitato elementi relativi al consolidamento di tale esperienza. In considerazione delle peculiarità del percorso di specializzazione dei medici legali, specificamente volto a fornire competenze funzionali alla collaborazione tecnica con l’amministrazione della giustizia e con gli operatori forensi, e tenuto conto anche della presenza necessaria di questa figura nei procedimenti concernenti la responsabilità sanitaria ai sensi dell’art. 15, l. 24/2014, appare adeguato che, in questo caso, non sia mai richiesto il periodo minimo di esercizio della professione di cui al precedente comma 4, lett. a), restando invece fermi gli altri elementi di valutazione della speciale competenza. Con riguardo dell’iter di specializzazione e del profilo di competenza dei medici di medicina generale, il protocollo all’art. 6 comma 8° rileva che in questo caso il periodo minimo di esercizio della professione di cui al precedente comma 4, lett. a), sia stabilito in dieci anni successivi al completamento del percorso, restando inoltre fermi gli altri elementi di valutazione della speciale competenza. Con riferimento ai medici odontoiatrici, in mancanza di un titolo di specializzazione post laurea, il protocollo prevede che il periodo minimo di cui al precedente comma 4, lett. a), sia stabilito in dieci anni dal conseguimento dell’abilitazione all’esercizio della professione medico-odontoiatrica. Il protocollo continua rilevando che è buona prassi che gli elementi di valutazione della speciale competenza di cui al comma 4 siano forniti da ogni candidato in sede di compilazione del modulo di iscrizione/riconferma all’albo, nel quale dovrà altresì essere obbligatoriamente presente, ai sensi dell’art. 15, comma 2, l. 24/2017, l’indicazione degli incarichi svolti come perito o consulente tecnico d’ufficio e di parte (pubblica o privata) all’interno di procedimento civili o penali. Al fine di una ottimale tenuta dell’albo, nonché al fine di mettere a disposizione di ogni magistrato un quadro informativo il più possibile completo circa le competenze possedute dagli iscritti, è raccomandabile che, all’atto dell’iscrizione o della riconferma, venga formato un fascicolo personale o una scheda personale, nei quali far confluire tutte le informazioni prodotte nella domanda di iscrizione/riconferma. (art. 7 comma 1). All’interno del fascicolo o della scheda, oltre ai dati personali, trovano dunque collocazione le seguenti informazioni delle quali si fornisce una descrizione esemplificativa: a) professione (con indicazione delle date di acquisizione del titolo di studio e di abilitazione all’esercizio); b) specializzazione/i (con indicazione della data di acquisizione del titolo); c) curriculum formativo (titoli post-lauream: corso di perfezionamento, master, dottorato; corsi ECM e altre attività di formazione; docenze); d) curriculum professionale (posizioni e ruoli ricoperti, datori di lavoro, strutture ove si è prestato servizio; tipi e aree di attività praticate, ivi comprese, nel caso di 7 attività chirurgica, le informazioni funzionali alla valutazione della speciale competenza ai sensi dell’art. 6, comma 8; attività di consulenza professionale svolta presso imprese, ecc.); e) curriculum scientifico (attività di ricerca e pubblicazioni); f) altri riconoscimento accademici o professionali; g) incarichi di perito/consulente assegnati e revocati dall’autorità giudiziaria e da parti pubbliche o private; per quanto concerne gli incarichi dell’autorità giudiziaria sono annotati anche i compensi liquidati; per quanto riguarda gli incarichi revocati, è annotata la motivazione della revoca; h) iscrizione a società scientifiche; i) competenze nell’ambito della conciliazione, acquisite mediante esperienza professionale o appositi percorsi formativi; j) ogni ulteriore elemento che il singolo esperto ritenga utile dichiarare in via volontaria ai fini della valutazione del proprio profilo di competenza da parte dell’autorità giudiziaria. (Art. 7 comma 2). Ritornando alla funzione della consulenza tecnica d’ufficio nel giudizio civile, è chiaro che essa non possa costituire un mezzo di prova, ma possa qualificarsi come strumento istruttorio, avendo la finalità di collaborare con il giudice quando siano necessarie conoscenze tecniche specialistiche. Il giudice può, quindi, disporre in qualsiasi momento la nomina del Ctu, senza alcuna istanza delle parti, ogniqualvolta lo ritenga necessario per una corretta decisione.

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